Il numero delle imprese, produttori di scarpe e di componenti, resta stabile ma il comparto è ottimista grazie a mercati come Stati Uniti (+53%), Francia (+25,1%), Svizzera (+25,2%) e Cina (+111,8%)
La ripresa del tessile-moda-accessorio (Tma) era attesa. O almeno fortemente auspicata: il settore, che nel 2019 aveva sfiorato i 100 miliardi di fatturato, nel 2020 aveva perso circa il 25% del giro d’affari. Era atteso pure il traino dell’export, in parallelo alla riduzione delle restrizioni legate alla pandemia. Ma una ripresa a V come quella del primo semestre è, a detta di tutti, superiore alle previsioni e ora l’intero Tma, forte del successo della settimana della moda e delle fiere che si sono tenute a Milano, vede il ritorno ai livelli pre Covid prima del previsto. Permangono le incognite geopolitiche, certo, anche perché tutte le componenti del Tma hanno percentuali di export altissime. Senza dimenticare che la ripresa ha portato con sé i rincari delle materie prime, in primis di quelle energetiche, e dei costi della logistica.
I numeri del calzaturiero lombardo
Ma i dati del settore calzaturiero del primo semestre sono inequivocabili, in particolare per la Lombardia, dove si trova uno dei distretti italiani più importanti, come mostra la fotografia scattata dal Centro studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici. In Lombardia nel primo semestre 2021 il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, tra industria e artigianato, la crescita di una sola unità, ma sul fronte dell’export si registra un aumento del 36% in valore sullo stesso periodo dell’anno precedente, tra calzature e componentistica (con un +1,9% sui livelli pre-pandemia di gennaio-giugno 2019).
Le prime cinque destinazioni dell’export lombardo sono Stati Uniti (+53%), Francia (+25,1%), Svizzera (+25,2%), Cina (+111,8%) e Corea del Sud (stabile, -0,3%, dopo l’incremento a doppia cifra dello scorso anno) e insieme coprono quasi la metà dell’export regionale. Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione, nel primo semestre dell’anno per le imprese lombarde della filiera pelle, sono state autorizzate 4 milioni di ore: +836% rispetto al primo semestre del 2019 +4,3% sul 2020.
In aumento anche produzione (+13%) e fatturato (+22%)
Molto utile il confronto con i dati nazionali, solo di poco inferiori a quelli relativi alla Lombardia, sempre secondo le elaborazioni di Confindustria Moda per Assocalzaturifici. Gli incrementi sono tutti a doppia cifra sull’anno precedente: aumentano sia la produzione industriale (+13%) sia il fatturato (+22%), oltre alla spesa delle famiglie italiane (+17,4%) e fa ben sperare l’export (+31,5% in valore, 4,5 punti percentuali in meno rispetto al dato lombardo). Allo stato attuale, ha ricordato il presidente di Assocalzaturifici Siro Badon, resta ancora il gap coi livelli pre-Covid. Le vendite all’estero hanno recuperato in fretta grazie al terzismo per le multinazionali del lusso: le più importanti maison francesi producono la quasi totalità delle calzature in Italia, da Chanel a Louis Vuitton. A soffrire – vale a livello regionale e nazionale – è la domanda interna: produzione industriale e fatturato restano al di sotto dei livelli di due anni addietro. «Per 7 aziende calzaturiere su 10 il fatturato è ancora inferiore», ha precisato Badon.
In ripresa anche i consumi delle famiglie italiane
I mercati di sbocco a livello nazionale presentano gli stessi trend disomogenei indicati per la Lombardia: recuperano i flussi verso la Svizzera, corre la Cina (sempre grazie ai marchi di alta gamma), ci sono rimbalzi notevoli per Francia e Stato Uniti. I segnali più confortanti sono venuti, per tutti, dal secondo trimestre: in maggio e giugno gli acquisti delle famiglie hanno sfiorato i livelli 2019 e si è attenuata l’impennata delle vendite online, dando un po’ di ossigeno al retail fisico, fatto da grandi catene, ma anche da piccoli negozi.
Come per altri settori del sistema moda e per i relativi distretti, in Lombardia è importante tutelare le aziende più piccole e a monte della filiera, per preservare il know how e la leadership nel segmento dell’alto di gamma e altrettanto strategico è investire sulla formazione.
FONTE: ILSOLE24ORE
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