Il 2021 si è chiuso con dati record: il Prosecco ha raggiunto 750 milioni di bottiglie vendute, picchi anche per qualità pregiate come Brunello di Montalcino (+27%), Amarone (+30%) e Barolo (+22%)

Il 2021 è stato un anno d’oro per il vino italiano. Un anno che ha visto incrementi delle vendite in doppia cifra per tutte le categorie di prodotto, dai vini fermi confezionati (+15% con punte del +20% per i rossi) agli spumanti (+20%). Ne hanno beneficiato le grandi denominazioni come quelle emergenti di ogni regione, singoli brand come le grandi cooperative. Un trend che con ogni probabilità è andato oltre, molto oltre, il semplice rimbalzo dopo le difficoltà dettate dalla pandemia con il lockdown di bar e ristoranti che ha fatto crollare i consumi nel 2020. E anche se nel 2021 la pandemia non è stata di certo superata tuttavia la “revenge spending” che alcuni avevano pronosticato è stata robusta sia in Italia che soprattutto all’estero.

In molti casi sia tra singole denominazioni che a livello di aziende il risultato 2021 è stato migliore anche del 2019. Tanto che con ogni probabilità si registrerà anche il nuovo record di esportazioni di vino italiano. Un record che l’Osservatorio dell’Unione italiana vini stima a quota 7,1 miliardi di euro con una crescita del 13% rispetto al 2020 ma superiore del 10% anche rispetto al 2019.

Un vero e proprio boom che su alcuni sbocchi chiave e maturi come Stati Uniti e Regno Unito ha fatto segnare progressi da mercato emergente (negli Usa +41% per i vini rossi piemontesi e +31% per i rossi toscani).

Le performance registrate sono ancora più interessanti a livello di singola denominazione a partire dalle grandi griffe made in Italy come il Brunello di Montalcino che nel 2021 ha superato quota 11 milioni di bottiglie vendute (record toccato solo altre due volte) con una crescita del 27% e il sold out delle due superannate 2015 e 2016. Risultati molto positivi non solo in termini di vendita (il 37% in più rispetto alla media del triennio precedente) ma anche di crescita del prezzo medio dello sfuso (+28%) e di crollo (-38%) delle giacenze. Tra i grandi rossi toscani bene anche il Chianti classico (+21% sul 2020 e +11% sul 2019) con 35 milioni di bottiglie esportate all’80%.

Crescita in doppia cifra per vendite e prezzi anche per i vini della Valpolicella trainati dall’Amarone (+30%) e 15 milioni di bottiglie vendute nei primi 10 mesi del 2021. Non hanno fatto eccezione le grandi etichette piemontesi con il Barolo che ha registrato +22% sul 2020 e il Barbaresco +17% per cento. Vendite trainate dai mercati esteri dove va l’82% del Barolo e il 65% del Barbaresco. Ottime performance per le principali denominazioni del Sud dal Montepulciano d’Abruzzo al Primitivo di Manduria fino alla Doc Sicilia.

Risultati positivi anche per i vini bianchi come testimoniato da due tra le principali denominazioni “bianchiste” il Pinot grigio delle Venezie (+6% di imbottigliato ma su oltre 300 milioni di bottiglie) e il Verdicchio dei Castelli di Jesi (+36,9%).

Le cifre raggiungono dimensioni davvero eclatanti per il fenomeno enologico made in Italy: il Prosecco, per tutte le tre denominazioni. Si va dall’incredibile +25,4% del Prosecco Doc che ha sfondato la soglia dei 600 milioni di bottiglie (627,5) ai 100 milioni di bottiglie del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene Docg (+24% nella Gdo italiana e +30% all’estero) fino ai 21 milioni di bottiglie per la Docg dei Colli Asolani. Complessivamente quasi 750 milioni di bottiglie, un volume più che doppio rispetto al re degli spumanti, lo Champagne (a quota 322 milioni).

Sempre in tema di spumanti il 2021 ha portato in dote il forte rimbalzo di un vino che negli ultimi anni aveva sofferto un po’: l’Asti spumante. La Docg piemontese nel giro di un biennio e in piena pandemia è tornata sopra quota 102 milioni di bottiglie vendute (al 90% all’estero) dagli 85 milioni del 2019 con una crescita nel 2021 dell’11 per cento.

Archiviato quindi un grande 2021 i dolori però vengono adesso soprattutto a causa dell’ondata di rincari dei costi produttivi che rischiano di innescare una spirale inflattiva che di certo frenerà i consumi. «Aumento dei costi energetici, delle materie prime e dei costi legati all’export – ha commentato il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti – stanno minando la competitività delle imprese e rallenteranno la ripresa post pandemica e gli investimenti. Non resta che sperare nel rallentamento della curva dei contagi».

Ma le minacce non vengono solo dai rincari. «Siamo molto preoccupati – spiega la presidente di Federvini, Micaela Pallini – per le iniziative anti alcol come il Beating Cancer Plan che non distinguono tra abuso e consumo moderato e che già hanno prodotto restrizioni alla promozione del vino e inasprimenti fiscali. Senza dimenticare le turbolenze geopolitiche che rischiano di portare a nuovi inasprimenti nei dazi».