Non solo Ferrari, Lamborghini, Armani, Dolce & Gabbana, Versace, Gucci, Luxottica, Barilla, Ferrero, B&B Italia, Pirelli, Leonardo, Fincantieri. Come ripete in ogni rapporto annuale l’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), presieduta da Carlo Ferro, l’80% delle aziende esportatrici sono di piccole e medie dimensioni. Sono poche: solo 136mila imprese vendono all’estero, eppure l’export da loro generato pesa per oltre il 30% sul Pil.

Non solo: secondo la Sace (la società pubblica dell’export credit italiano) le Pmi attive oltrefrontiera guadagnano quote di mercato e la ripresa post Covid è legata alle esportazioni, oltre che a un saggio impiego dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Peraltro, il Pnrr sostiene le Pmi esportatrici in transizione digitale ed ecologica, mediante il rifinanziamento per ben 1,2 miliardi del Fondo 394/81 gestito dalla Simest.

Anche la vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione, Barbara Beltrame Giacomello, ha fatto presente nel paper finale della task force Trade & Investment del B20 che «commercio e investimenti sono i principali driver dello sviluppo sostenibile perciò sono parte integrante della ripresa, che deve per forza basarsi sul rilancio degli scambi e degli investimenti globali».

Eppure, le Pmi esportatrici italiane sembrano nascoste sotto il mantello dell’invisibilità di Harry Potter. Per dare qualche volto a una piccola rappresentanza di questa moltitudine silenziosa, Il Sole 24 Ore e la società di analisi Statista hanno lanciato la prima lista di “Campioni dell’export”, riservata alle imprese manifatturiere disponibili a raccontare la loro storia e a candidarsi al ranking. Il team di ricerca di Statista, basato in Germania, ha invitato novemila aziende a partecipare, dopo una prima analisi dei loro dati attinti dai maggiori database. Il bando è stato pubblicato online. Solo chi ha fornito i dati del bilancio 2020 (anno di riferimento per questa edizione) è stato sottoposto ad analisi e posizionato nel ranking, in base alla quota di export sul fatturato. Le prime 200 sono entrate nella lista, con quote export record: tra il 99% e il 31%. Il tutto nell’annus horribilis del Covid e dell’export (-9,7% nel 2020).

A salire sul podio di questa prima edizione tutta in salita sono imprese con una produzione dedicata quasi interamente al mercato estero, che hanno resistito alla crisi Covid con resilienza e antifragilità uniche, vincendo fuori casa.

Al primo posto c’è la Pmi siciliana Ascot International. L’azienda di Gela produce generatori e sistemi energetici e vanta grandi clienti (come Vodafone e Verizon): porta il made in Italy nei più grandi progetti di infrastrutture, in particolare di telecomunicazioni, con soluzioni innovative. Seguono i prodotti di Iacobucci HF Aerospace per l’aeronautica, a partire dalle comode poltrone progettate con Pininfarina e vendute a Boeing, Airbus e ai maggiori manufacturer di jet privati. Chiude la Top 3 Emilia Foods, che esporta in tutto il mondo i prodotti della cucina italiana destinati al canale retail internazionale.

Ma tutte le imprese della lista vantano storie d’eccellenza. La lombarda Pagani produce i tortellini per Trader Joe’s, la più amata catena Gdo americana. Rustichella d’Abruzzo è considerata leader di mercato nella categoria “high-premium pasta”, esportando in più di 75 Paesi. I sistemi di illuminazione di Catellani & Smith sono pluri-premiati a livello internazionale. Cubotex ha brevettato in diversi Paesi i suoi apparecchi di tintura industriale per filati, calze e collant.

Tra le società più grandi, fino a 500 milioni di fatturato (solo il 16,5% della classifica), spiccano Lu-Ve, Aetna group (celebre per i brand Robopac e Ocme), Evoca group, Arvedi, Pedrollo, Procos, Eural Gnutti, Texa, Finchimica, Italcer (conosciuta per il brand Ceramica Rondine), Manteco, Absolute yachts, Cimolai Technology. Quanto ai settori di attività, dominano la meccanica (31% di imprese del campione), i prodotti industriali e gli alimentari.

«Siamo riusciti a mettere sotto i riflettori realtà imprenditoriali poco visibili, che sfatano il luogo comune internazionale che associa l’Italia solo alla moda, alle auto e al food – commenta Marco Paciocco, Senior data analyst di Statista e team leader della ricerca -. Il Belpaese vanta eccezionali aziende di prodotti industriali, della meccanica, dell’hi-tech, che offrono soluzioni ingegneristiche avanzate e su misura, unendo l’esperienza della tradizione alla vocazione all’innovazione. Un mix molto apprezzato nei grandi mercati internazionali».

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