Entro un mese l’Italia esaurirà le sue scorte di olio di girasole. L’Italia dipende dall’Ucraina per oltre il 60% delle importazioni.

Entro un mese l’Italia esaurirà le sue scorte di olio di girasole: un grosso guaio per l’industria alimentare italiana, che lo utilizza per le produzioni più svariate, dai biscotti alla maionese, dalle creme spalmabili alla pasta ripiena, dai sughi alle fritture. L’allarme era già arrivato nei giorni scorsi dall’Assitol, l’associazione italiana dell’industria olearia, ma il rischio si è trasformato in certezza ieri, quando il governo ucraino ha ufficialmente deciso di sospendere le esportazioni di alcuni alimenti, tra cui appunto l’olio di girasole.

Il blocco da Kiev

Con il 60% della produzione e il 75% dell’export, Kiev è il principale coltivatore di girasoli al mondo. L’industria italiana di spremitura, invece, produce solo 250mila tonnellate di olio grezzo. Così, il nostro Paese dipende dall’Ucraina per oltre il 60% delle importazioni. Secondo la Coldiretti, su 570 milioni di euro di prodotti agroalimentari che l’Italia ha importato dall’Ucraina nel 2021, con 260 milioni di euro l’olio di girasole costituisce proprio la voce più importante. Ecco perché lo stop all’arrivo delle navi di olio dal Mar Nero costituisce un grosso problema per l’industria alimentare italiana, secondo alcuni un problema ancora più grave di quello del grano.

Chi è danneggiato dalla decisione

Da quando in Italia c’è stata una forte campagna di opinione pubblica contro l’utilizzo dell’olio di palma, molte aziende si sono buttate sull’olio di girasole». Ma il guaio, questa volta, non è solo l’aumento dei prezzi, è proprio reperire il prodotto. L’industria dolciaria subirà senz’altro un contraccolpo – ma – anche i produttori di tonno sono in allarme, a breve il rischio è di non trovarne più di quello sottolio, ma solo al naturale. La carenza di olio di girasole ucraino poi sarà nel medio periodo: con la semina a rischio, questa primavera, non ci sarà prodotto nemmeno l’anno prossimo».

Alla ricerca di sostituti

L’industria è già alla ricerca di sostituti: colza, cocco, soia. Ma da un lato bisogna capire se nelle ricette funzionano altrettanto bene e dall’altro bisogna comunque risolvere il problema delle etichette: di solito le industrie le stampano una volta sola per tutto l’anno, ma se si cambia olio nell’impasto è necessario segnalarlo anche sul packaging. Ragion per cui qualcuno sta pensando di chiedere alle autorità competenti una deroga temporale per utilizzare tipologie di oli alternativi senza dover cambiare le etichette.

CONATTACI