Vinitaly, Sace: il vino vale il 25% dell’export alimentare italiano

Si sta riducendo il gap in termini di valore con la Francia che rimane però ancora lontana con prezzi medi molto più alti

Il vino rappresenta un quarto dell’export dell’agroalimentare made in Italy, ha saputo resistere alla pandemia e ancora oggi riporta ottime performance con le vendite oltreconfine cresciute nel 2021 del 12,4% rispetto all’anno precedente (per un valore di 7,3 miliardi). È il quadro tracciato da Sace in occasione del Vinitaly su uno dei settori trainanti del made in Italy nel mondo, che ora deve fare i conti con il rincaro del vetro, l’instabilità internazionale e il pericolo inflazione.

L’Italia si riconferma fra i primi Paesi esportatori, sia in termini di volume che di valore. La quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto con il 21% del totale, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%. Madrid segue a distanza con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali. «A giocare a favore dei cugini d’oltralpe – nota Sace – sono i prezzi dei vini, mediamente più alti di quelli italiani, in particolare nel confronto tra “bollicine” con lo champagne francese da un lato e il prosecco italiano dall’altro». I dati in quantità mostrano, invece, un quadro differente, dove la quota maggiore è riconducibile alla Spagna (20,2%), seguita a stretto giro dall’Italia (20,1%), mentre la Francia rappresenta “solo” il 13,7%.

Tra Veneto e Usa

«Il posizionamento dell’Italia fra i primi Paesi esportatori beneficia anche di una consistente crescita dei consumi di vino, trainata sia da geografie più consolidate come quella americana (gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione dell’export italiano di vini), ma anche da destinazioni meno presidiate, ma dall’alto potenziale, come per esempio Cina e Giappone – continua Sace – dove il valore delle vendite di vino italiano è già abbastanza rilevante, ma il presidio ancora non al pieno delle potenzialità.La specializzazione regionale»

A livello regionale, per valore, nel 2021 è stato il vino veneto quello che più di altri ha varcato i confini nazionali (quasi 2,5 miliardi di esportazioni) grazie in particolare all’ottima performance del Prosecco di Treviso (30% dell’export della regione), che nel 2021 ha esportato bollicine per quasi 830 milioni, in crescita di oltre il 15% rispetto allo scorso anno. Seguono Piemonte e Toscana. Anche Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Lombardia – grazie anche all’ottima performance estera del Franciacorta (+10,3%) – presentano buoni livelli di vendite oltreconfine.

Gli impatti della guerra in Ucraina

Sempre secondo i dati Sace, nel 2021 la Russia ha rappresentato il dodicesimo mercato di destinazione per le esportazioni di vini italiani (con 149 milioni, pari al 2,1% del totale di vini esportati), dietro al Giappone e davanti alla Cina, con una crescita (+18,4% rispetto al 2020) superiore alla media.

«Gli effetti dell’attuale conflitto bellico tra Russia e Ucraina – si legge in una nota – si riflettono anche sul settore del vino, sia da un punto di vista di approvvigionamento di materie prime (su tutti l’alluminio e i fertilizzanti) sia da un punto di vista energetico (la produzione di vetro e carta, per bottiglie, etichette e cartoni per imballaggi, è infatti energivora). Le ripercussioni di tali costi aggiuntivi si iniziano a intravedere, ma sarà la durata del conflitto a determinare la vera portata dei suoi effetti sull’andamento del settore».

Una conferma arriva anche da Luca Rigotti, coordinatore del Settore Vitivinicolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari: «Il blocco dell’export di vini verso Russia e Ucraina – ha detto al Vinitaly in corso a Verona – produrrà per le cooperative vitivinicole perdite per oltre 200 milioni di euro. Anche se il peso delle esportazioni in questi paesi rappresenta in termini assoluti una quota marginale nel commercio estero dei vini italiani, e nonostante il divieto di esportazione sia di fatto stato limitato solo a vini dal valore superiore a 300 euro, le nostre cooperative hanno sospeso le vendite per via delle inevitabili difficoltà di garanzia nelle transazioni commerciali». (ilsole24ore)

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