È di 16 milioni di ettolitri la domanda di vino italiano all’estero che chiude i primi nove mesi con volumi in sostanziale continuità (+0,3%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per un controvalore-record di quasi 5,8 miliardi di euro in aumento del 12,3%.

Un dato che però che lascia poco spazio all’esultanza, determinato più dalla spinta inflattiva che dalla domanda reale, che potrebbe non bastare a coprire l’aumento dei costi. Sono le elaborazioni dell’Osservatorio del vino Uiv-Ismea su base Istat.

Il settore è sempre più influenzato dalla performance delle bollicine, che in attesa della consueta prova di fine anno tra gennaio e settembre mettono a segno +9,2% in quantità e +22,7% in valore. Il vino tricolore vede i fermi appiattiti sui volumi dello scorso anno (-0,3%), con i rossi in particolare difficoltà (-2,6% contro +2,6% dei bianchi). Le Dop ferme si posizionano sotto la media per quantità (-2%) e per valore (+9,6%).

Quanto ai mercati la domanda dei fermi è stabile o in leggero calo in Germania e UK, mentre calano le quantità vendute negli Usa (-6%) e in Svizzera (-7%); tra le piazze in positivo Giappone (+29%), Canada (+8%), Svezia e Paesi Bassi. Meglio invece i trend dei top buyer per quanto riguarda gli sparkling, che vedono gli Stati Uniti a saldo zero per volume, il Regno Unito a +5% e la Germania a +6%, con exploit di acquisti da Francia (+25%) e Canada (+15%).

Analizzando l’export secondo la piramide della qualità, nei primi 9 mesi dell’anno, il segmento Dop ha realizzato poco più della metà delle vendite (8,4 milioni di ettolitri), registrando +2,2% dei volumi per un totale di 3,9 miliardi di euro (+14,6% sullo stesso periodo 2021), pari a due terzi del valore dell’export enologico italiano. Stabili a 4 milioni di ettolitri i vini Igp per un controvalore di 1,3 miliardi di euro (+7,2%). (ANSA).