I marchi investono in testimonial ad hoc, negozi, eventi e ristoranti. Le esportazioni made in Italy nel 2022 salite del 4,4% sul 2021: pelletteria, calzature, abbigliamento e gioielli tra le prime cinque voci di export. E crescono anche quattro volte più della media
Jimin, Suga, J-Hope: se ci vogliono tre indizi per fare una prova, questi tre nomi confermano che la Corea del Sud è in cima alla lista delle priorità delle aziende del lusso. Sono infatti i nomi di tre superstar del K-Pop – il pop coreano – che se fino a pochi anni fa potevano anche essere sconosciuti agli over 25, oggi nel mondo del lusso sono indispensabili da conoscere: Jimin, Suga e J- Hope sono tra i sette membri della band Bts, i Bangtan Boys, che nel giro di 10 anni hanno conquistato più di 70 milioni di follower su Instagram e quasi 60 milioni su TikTok. Sono vere e proprie calamite per i fan più giovani, i futuri clienti del lusso (o potenziali). Il primo è stato scelto come global ambassador da Dior, il secondo è stato nominato negli stessi giorni brand ambassador di Valentino e il terzo è stato invitato allo show di Louis Vuitton a Parigi. Le pop star coreane, a dire il vero, sono state le vere protagoniste delle settimana della moda uomo delle passate settimane: gli Enhypen, ospiti da Prada, hanno attirato migliaia di fan fuori dal luogo della sfilata domenica 15 gennaio.
Corea «star» nel lusso globale. Spesa a +24% nel 2022
Il fenomeno non è nuovo: i brand del lusso – che avevano già messo gli occhi su Seoul nel 2008-2009 agli albori dell’espansione retail in Asia – hanno già da più di un anno ricominciato a investire in Corea del Sud. E per un’ottima ragione: è uno dei mercati più promettenti del momento.
Secondo Morgan Stanley la spesa dei coreani in beni di lusso nel 2022 è salita del 24% a 16,8 miliardi di dollari, pari a circa 325 euro pro capite. A farla crescere sono due fattori: l’arricchimento della classe medio-alta e la voglia di accrescere il proprio status sociale proprio attraverso i brand. Anche Bain&Co aveva individuato la Corea del Sud come uno dei diamanti (grezzi ma non troppo: i gusti dei coreani sono sofisticati) del mercato globale del lusso: nel Worldwide luxury market monitor presentato durante l’Osservatorio Altagamma, a novembre, la Corea viene definita «stellare», con una crescita trasversale in tutte le categorie che si accentua però negli accessori e un engagement ben distribuito tra i consumatori.
Le mosse dei top player: negozi, ristoranti ed eventi a Seoul
La crescita del mercato è andata di pari passo ad alcune scelte dei marchi: già a fine 2021 Gucci aveva nominato global ambassador l’attore Lee Jung-Jae, protagonista della serie tv Squid Game, in ragione del suo «stile iconico e carismatico e un’identità personale forte, in linea con la filosofia di Gucci». Il marchio del gruppo Kering, nel frattempo, ha spinto sull’acceleratore e non solo sul fronte ambassador: nel 2022 ha organizzato uno show – che è stato rimandato in seguito alla strage verificatasi proprio in città ad Halloween ed è previsto a maggio.
Dior, invece, ha già sfilato a Seoul lo scorso anno: ha presentato nella capitale coreana la collezione Fall 2022 e, in concomitanza, ha aperto un temporary concept store con annesso cafè. La liason della maison con la Corea affonda le radici nel passato: già nel 2019 Kim Jones, direttore creativo di Dior Homme, aveva disegnato i look per il tour dei Bts. E ora, ciliegina sulla torta, è arrivata la nomina di Jimin a global ambassador che si aggiunge alla quella della pop star Jisoo a global ambassador femminile. Le Blackpink, gruppo al quale appartiene Jisoo, sono già da tempo in primissima linea nel mondo del lusso: Jennie è testimonial di Chanel, Rosé di Saint Laurent e Lisa di Celine.
La moda regina dell’export in Corea: domina la top 5
I risultati di queste campagne focalizzate sulla Corea non mancano. Lo dicono i numeri delle esportazioni dei prodotti made in Italy a Seul: secondo i Fashion economic trends di Camera Moda nei primi nove mesi del 2022 la Corea del Sud è stata all’ottavo posto tra i clienti della moda italiana, seconda solo agli Usa per percentuale di crescita. Infatti ha assorbito vendite per quasi 2 miliardi di euro, in salita del 33 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dati ancora più aggiornati (ma calcolati su una base diversa, utilizzando i dati delle dogane coreane, ndr) arrivano dalla sede di Seoul di Ice-Ita: l’export italiano verso la Corea nel 2022 è salito del 4,4% rispetto al 2021, con la Corea che si attesta al 16esimo posto tra i clienti del made in Italy. La cosa interessante è che tra le prime dieci voci dell’export italiano a Seoul, sette riguardano categorie che appartengono al sistema moda.
L’incidenza sale nella top 5, con tassi di crescita superiori (fino a 4-5 volte) rispetto alla media: la prima voce, infatti, è occupata dalla pelletteria (21% del totale dell’export italiano verso la Corea), in salita del 5,8% sul 2021, mentre al secondo, quarto e quinto posto si trovano le calzature (+1,4% sul 2021), abbigliamento (+16,7%) e gioielleria (+18,8%). «La moda gioca un ruolo molto importante nelle esportazioni italiane in Corea – spiega Ferdinando Gueli, direttore dell’ufficio Ice di Seoul –.
La filiera del lusso, che include per esempio anche l’automotive, assorbe oltre la metà (51,2%) delle esportazioni e nel 2022 il valore è cresciuto del 5% rispetto al 2021». Gueli sottolinea anche che « l’export pro capite in Corea è pari a 76 dollari a persona, contro i 4 dollari della Cina e i 20 dollari del Giappone», a sottolineare come i coreani siano clienti propensi ad acquistare prodotti di valore.
Clientela esigente e spazio anche per i brand più piccoli
La crescita del mercato del lusso, oltretutto, sta avvenendo in un momento non semplice: «Anche in Corea lo scorso anno si è registrato un aumento dell’inflazione (+5,6%) e la politica monetaria è restrittiva proprio per tenere sotto controllo i prezzi. Questo è un paese povero di fonti energetiche e di materie prime – continua Gueli – e quindi, sebbene si approvvigioni in Medio Oriente e non in Russia, non è immune ai problemi che si stanno verificando in Europa». Eppure i consumi sono tornati, forti: «La clientela coreana è molto appassionata di moda, vuole essere trend setter, ama prodotti di qualità e soprattutto originali. Non solo le griffe». Così, se per ovvia “potenza di fuoco” economica sono le griffe ad aprire negozi e ristoranti, c’è spazio anche per marchi italiani più piccoli: «Tra qualche giorno ospiteremo due importanti eventi che riguardano la moda italiana: gli “Italian fashion days”, con 60 aziende, e una mostra dedicata al mito della moda italiana negli anni della Dolce Vita, in uno show room che si chiama “High street Italia” nel quale organizziamo spesso appuntamenti dedicati alle nostre imprese».
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