In cinque anni la quantità di prodotti venduti all’estero è rimasta la stessa ma il fatturato incassato è balzato del 28%: le ragioni dietro questa differenza.

Ormai le stime sono chiare, l’export agroalimentare italiano passerà dai 52 miliardi del 2021 ai 60 miliardi del 2022, sfondando un tetto storico. Ma in termini di volumi, sono cinque anni che di fatto cambia poco o nulla: la quantità di prodotti made in Italy venduta all’estero è sempre la stessa. Al contrario, nello stesso quinquennio il fatturato incassato dal nostro export è decollato del 28%.

Cosa significa? Una parte di questo aumento a valore è senz’altro dovuto alla capacità delle filiere italiane di accrescere il valore aggiunto dei singoli prodotti. Ma è indubbio che una balzo di questo genere è dovuto anche allo zampino dell’inflazione. I dati arrivano dal Centro studi Divulga, coordinato da Riccardo Fargione.

In attesa dei dati ufficiali Istat che coprono tutto il 2020, il Centro studi Divulga ha confrontato per Il Sole 24 Ore le statistiche relative ai primi dieci mesi dello scorso anno. Il risultato è che la top ten per valore dei prodotti esportati, e la classifica per volumi dei prodotti esportati, non coincidono. Prendiamo per esempio gli ortaggi, che sono il prodotto agroalimentare italiano più esportato per volumi (oltre 3,3 milioni di tonnellate nei primi dieci mesi 2022) e il secondo per miliardi di euro incassati (4,35). Ebbene: nella classifica dei prodotti il cui volume esportato è cresciuto di più, gli ortaggi nemmeno compaiono. Il vino, che per fatturato è la fetta più importante delle nostre esportazioni agroalimentari, con oltre 6,5 miliardi di incassi tra gennaio e ottobre dello scorso anno, nella top ten dei maggiori aumenti per volumi non rientra.

EXPORT AGROALIMENTARE ITALIANO

Quali sono dunque i cibi di cui il nostro Paese è riuscito a incrementare le vendite all’estero dal punto di vista delle quantità?

Al primo posto, ci dicono le elaborazioni di Divulga, c’è il frumento: l’Italia nei primi dieci mesi del 2022 ne ha venduto il 98% in più. Peccato però che questo cereale rappresenti solo una parte piccola della bilancia commerciale agroalimentare dell’Italia: nelle parti alte della classifica dei prodotti più esportati il frumento non compare nemmeno. Tra l’altro, il suo prezzo di vendita è aumentato molto di più delle sue quantità vendute, e questo è un chiaro segnale di inflazione. Complice la carenza di materie prime sulla piazza internazionale, complice il conflitto in Ucraina, il fatturato estero del frumento è cresciuto del 211%.

Tra i campioni degli aumenti quantitativi, al secondo posto dopo il frumento, ci sono le carni di pecora e di capra, le cui vendite all’estero in volumi nei primi dieci mesi del 2022 sono cresciute del 28%. Ma anche queste non rappresentano certo l’emblema del cibo made in Italy più esportato. La pasta, invece, rappresenta la quarta voce del nostro export per volumi venduti all’estero – 1,7 milioni di tonnellate nei primi dieci mesi del 2022 – ma anche la quinta voce per fatturato esportato – 2,34 miliardi – e i pacchetti esportati l’anno scorso sono aumentati del 7,9% in volume. In valore, però, l’aumento è stato addirittura del 40%. Anche in questo caso, l’aumento del prezzo è stato superiore all’aumento delle quantità.

Il latte italiano (800mila tonnellate esportate nei primi dieci mesi del 2022) ha visto aumentare i volumi venduti sui mercati internazionali del 4,7% mentre l’incasso dei produttori è balzato del 31%. Difficile non pensare sia responsabilità dell’inflazione. E ancora, l’olio d’oliva: il suo aumento in volumi è stato del 5,6%, quello in valore del 22%. I formaggi, infine: ne sono stati venduti il 6,9% in più, hanno incassato il 18,6% in più.

Chi sono i principali acquirenti del made in Italy agroalimentare all’estero? Secondo i dati della Coldiretti, la Germania resta il principale mercato di sbocco dell’alimentare, in aumento del 13%, davanti agli Stati Uniti, in salita del 20%, mentre la Francia si piazza al terzo posto e mette a segno un tasso di crescita del 17%. Risultati positivi nel 2022 sono arrivati anche dal Regno Unito, con un +18% che evidenzia come l’export tricolore si sia rivelato più forte della Brexit. Balzo a doppia cifra anche della Turchia (+23%) mentre è negativo il dato della Cina, con un calo del 20%, e quello della Russia alle prese con le sanzioni, con un -5%. (fonte Ilsole24ore).